domenica 28 dicembre 2008

The freak show. THE NAIL GUN MASSACRE


Usa 1985. Su dvd Synapse (regione 1).

Il titolo accattivante (così come la locandina originale) è una prevedibile trappola per l’ignaro spettatore degli anni ’80: The Nail Gun Massacre è infatti lontano anni luce da un altro massacro con articoli da ferramenta, il Texas Chainsaw Massacre (da noi Non Aprite Quella Porta) di Tobe Hooper a cui gli scaltri produttori del film in questione hanno voluto richiamarsi.
Gli ottanta minuti di fotogrammi in sedici millimetri narrano di un misterioso vendicatore armato di sparachiodi che fa strage di un gruppo di manovali, a loro volta rei di violenza sessuale ai danni di una ragazza; il tutto allungato (come i cocktail dei più infimi locali) dalle indagini dello sceriffo della cittadina ove si svolge l’azione ed il classico parteur di scenette idiote messe apposta per superare la durata da cortometraggio: è incredibile come un tempo ci si sforzasse più di trovare beceri riempitivi invece che migliorare le storie. Non che oggigiorno le cose siano cambiate, però gli assurdi diversivi degli anni '80 hanno un sapore unico ed inconfondibile. Tornando a bomba Nail Gun Massacre è un bocconcino prelibato per i veri amanti del cinema-spazzatura: girato coi piedi e montato anche peggio, si avvale di attori più che dilettanti ed effetti speciali da supermercato. L’assassino è un tizio in tuta mimetica (che parrebbe anticipare il Karl The Butcher Jr. del teutonico Violent Shit 2 – il livello più o meno è quello) col volto celato da un casco da motociclista che si porta sulle spalle un altamente improbabile (dove se la infila la spina?) compressore per la sua arma ed ama recitare battute cretine con un'inspiegabile voce elettronica (!!!) prima di freddare le vittime di turno.Come già detto, la cialtroneria dei registi Bill Leslie (anche direttore della fotografia) e Terry Lofton (che firma pure la sceneggiatura) è più che palese ed è anche ciò che spinge veramente gli spettatori più tenaci a resistere fino in fondo, invece che il fascino dell'intreccio. Questo e le periodiche iniezioni di nudo: le giovani figuranti, infatti, non hanno alcuna remora a farsi riprendere a chiappe & tette al vento.
Dopo essere rimasto fuori portata dei radar per quasi un ventennio, The Nail Gun Massacre è recentemente risorto dalle sue ceneri in un'edizione DVD auto-prodotta dallo stesso Lofton e carica di extra sempre da lui curati. In Italia, stando alle cronache, era giunto in videocassetta ribattezzato come Il massacro: chi riuscisse a trovarne una copia, sarà premiato con la più alta onorificenza.
Emiliano Ranzani

Memorabilia. L'ISOLA DEI PIACERI PROIBITI



Flano ricco e significativo per questo film del prolificissimo Jess Franco, non tra i più noti. Dicembre 1973: è periodo di austerity, il governo impone di risparmiare sull'energia. Come fronteggiare allora il freddo e il nervoso per non poter utilizzare l'auto? Scaldandosi visionando un film dal titolo assai ammiccante. A patto che, non è il caso di dirlo!, siate maggiorenni e non troppo sensibili; anzi, sensitivi.
Alessio Vacchi

mercoledì 24 dicembre 2008

Comunicazioni di servizio. Speciale. Buon Natale, buon anno. PRESENTAZIONE

Aggiornamento eccezionalmente alla vigilia di Natale stavolta, con un piccolo speciale festivo. Ho chiesto a me stesso e a vari vip dell'universo internettiano cinematografico di scrivere qualcosa di personale riguardo il cinema e le festività natalizie. I risultati sono quelli che leggerete di seguito. Qualcuno ha voluto fare una ricognizione delle tendenze delle uscite natalizie italiane, altri hanno optato per ricordi più o meno lampo dal passato. Mi scuso per la disomogeneità dei pezzi, quanto a lunghezza (qualcuno ha disobbedito!), ma credo che siano curiosi da leggere. Ringrazio quelli che hanno collaborato e auguro buon 25 e 26 dicembre a loro ed ai lettori di questo blog. Il prossimo aggiornamento sarà, regolarmente, il 28 dicembre.
Alessio Vacchi

Speciale. Buon Natale, buon anno. AL CINEMA CON SANTA CLAUS



C’era una volta il cinema di Natale. Che nel Belpaese non è sempre stato monopolio dei film-panettone della premiata ditta Parenti & Vanzina (tale moda ha preso piede a partire dalla seconda metà degli anni 80; e il primo Vacanze di Natale era una commedia giovanilistica estranea alla farsa scorreggiona che pian piano avrebbe improntato gli episodi a venire della saga), anzi; se da un lato i distributori temevano la refrattarietà del pubblico nell’affollare le sale durante le feste, dall’altro cercavano di invogliarlo sfornando titoli che spaziavano un po’ fra i generi, osando talvolta accostamenti arditi considerata la ricorrenza. Certo, la commedia era il genere più battuto; ma si andava talvolta aldilà della farsa fine a sè stessa. Come dimenticare l’uscita natalizia di Amici miei atto II, di Mario Monicelli? Il trailer cinematografico insisteva sugli aspetti ridanciani; ma il pubblico in sala riviveva l’accostamento fra beffa boccaccesca e malinconia, il non prendersi mai sul serio adottato come stile di vita con la senilità e la morte. Cinema d’evasione ma non solo, dunque; e d’altro canto, il Natale non coincide con la fine di un altro anno? La malinconia quindi ha diritto di cittadinanza.
Naturalmente, il cinema natalizio si è sempre preoccupato dei più piccini; e se la Disney sfornava prodotti d’animazione a gogò, neanche il cinema con attori in carne d’ossa era da meno. Ecco che Steven Spielberg ti scodellava una favola fantascientifica come E.T., destinata a far piangere come vitelli non solo i pargoli in sala, ma anche i diffidenti genitori che li avevano accompagnati. Attenzione però: dietro le innocue baracconate stevenspielberghiane talvolta si celava uno spiritaccio irriverente tutt’altro che puerile. E’ quanto si è visto con Gremlins, altra uscita natalizia finanziata da Spielberg ma diretta da Joe Dante (e qui i cinefili avrebbero dovuto subodorare la trappola: un ex-allievo di Corman, dispettoso e dissacrante, che si dà alle fiabe natalizie?). Apparentemente commedia fantastica; in realtà satira al vetriolo di matrice vagamente dickensiana, che flirta con l’horror e regala perle di umorismo nero. E che la commedia e il favolistico a Natale potessero convivere con altri generi è ampiamente dimostrato dall’interesse del pubblico per Rambo, di Ted Kotcheff, campione d’incassi assieme ad E.T. nel Natale del 1982. Come si concilia la disinvoltura di Stallone nel maneggiare armi da fuoco ed esplosivi con le acrobazie di Santa giù per i camini? Vuoi vedere che allo spettatore di Natale piacciono pure le emozioni forti? E' significativo che all’inizio degli anni 80 i cinema italiani sotto le feste abbiano programmato un avventuroso esotico come Il grande ruggito di Marshall; apparentemente fiaba ecologista per ragazzini, ma che non disdegna di regalarci qualche brividino (giocherellone quando volete, ma un leone fa sempre un po’ paura quando vi punta) avvertendo tramite i flani pubblicitari che le belve utilizzate nel film non erano addomesticate e quindi gli attori erano un filino nervosetti sul set. Del resto, la locandina non aveva niente di rassicurante. La tradizione anglosassone ha spesso accostato il Natale alle storie macabre; chi lo dice che sotto l’albero un po’ di strizza non ci possa stare? Vorrà pur dire qualcosa che nel natale 1980 i cinema italiani abbiano inalberato orgogliosamente la locandina di Shining di Kubrick; film d’autore quanto volete, ma sempre di ghost story si tratta. E d’altronde, uno degli horror più paurosi degli anni 70 non è stato proprio il Black Christmas di Bob Clark? In verità, all’inizio degli anni 80 i circuiti di prima visione non insistevano troppo con le pellicole al sangue; probabilmente i distributori lo consideravano di cattivo gusto, pensando che il passaggio dai sentimentalismi alla Frank Capra agli psicopatici armati di mannaia potesse rivelarsi traumatico per gli spettatori. Simili problemi non sfioravano gli esercenti dei cinema di seconda visione, che durante le festività programmavano la qualunque (e magari nel giro di una settimana potevi visionare tanto l’ultima commediola con Banfi-Vitali quanto l'ultimo thrilling di Dario Argento).
Un’inversione di tendenza si è avuta a partire dalla seconda metà degli anni 80, quando la distribuzione nostrana tentò di puntare anche sul macabro popolando gli schermi natalizi di efferatezze in celluloide come Opera di Argento e Angel Heart-Ascensore per l’inferno di Alan Parker; tendenza tutto sommato restata in vigore, se pensiamo ai successi al botteghino di pellicole "natalizie" come Seven di David Fincher. E come mai gli ultimi due Cronenberg sono usciti in Italia sotto Natale? Fra un po’ dovremo preoccuparci che dal camino non scenda qualcosa di più sinistro del caro vecchio lappone in costume rosso e bianco. In fondo, perché farsi problemi di buon gusto? Se i palinsesti televisivi natalizi degli anni 80 accostavano commedie come Frankenstein Junior (tuttora sulla cresta dell’onda) a blood & gore destinati al periodo pre-epifania (rigorosamente in notturna, of course) come Creepshow di George Romero, l’avvento dell’home video e della pay-TV ha allargato la possibilità di scelta da parte dell’utente, che magari seleziona le proprie abboffate festive in celluloide basandosi su esclusivi gusti stagionali (a Natale thrilling all’italiana e post-atomici, d’estate spaghetti-western ...). Nel mio lettore dvd sotto Natale non mancano mai rimembranze cinefile come il sopracitato Black Christmas, La cosa di John Carpenter, commedie all’italiana di ogni derivazione e qualche fantasy-mitologico dei tempi che furono (fra i titoli più gettonati il Conan di John Milius e Scontro di Titani). Non chiedetemi perché.
Corrado Artale

Speciale. Buon Natale, buon anno. QUEL CHE ''FA'' NATALE



Forse mi sono intortato da solo, nel voler scrivere pure io in questo specialino natalizio. Non mi è facile tirar fuori significativi ricordi che uniscano cinema e festività natalizie, perchè sono uno spettatore atipico. Non ho film che rivedo periodicamente, perchè preferisco vedere qualcosa dell'enorme mole di cose che mi mancano, o rivedere quel che non rammento più. Seguo superficialmente la programmazione di film sulla tv in chiaro, per cui non sto ogni anno a rivedere Una poltrona per due o La vita è meravigliosa. Non amo Frankenstein Junior. Non amo i cinepanettoni Filmauro, anche perchè mi paiono simbolo di un'attenzione della massa verso il cinema sfrenatamente sbilanciata a priori verso certi tipi di film: mentre il bel L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford, Brad Pitt nel cast, il Natale scorso quanti l'hanno visto? (Poi vado a vedere i film con Aldo Giovanni e Giacomo: si prega di ammirare la coerenza). Non sono dotato di particolare costanza, per cui posso progettare un personale palinsesto natalizio, ma so che si sfalderà per i motivi più vari.
Quindi, che significa per me il Natale dal punto di vista "artistico"? Un ricordo volendo c'è, ma è inquietante: quando ero andato a vedere Così è la vita, dieci anni fa. Atrio del locale strapieno -verso il botteghino non c'era una fila ma un magma di persone-, la donna alla cassa che strilla come una pazza contro qualcuno ("Non metta le mani lì!!!") e un travestito a staccare i biglietti. Qualche visione propriamente natalizia può capitare: negli ultimi anni ho visto Natale a casa Deejay, il Santa Claus Conquers the Martians che ho proposto sotto nella youtubata. Quest'anno sarà Un minuto a mezzanotte, thriller francese con un Babbo Natale minaccioso. Quanto alla musica, qualche anno fa in questo periodo mettevo su la cassetta di un album di Zucchero e Così celeste mi faceva Natale (passatemela) perchè la associavo ad uno spot di dolciumi che passava in tv. Per capire dove si può arrivare... Oggi invece, non è davvero Natale senza due classici moderni come Natale allo zenzero e Christmas with the yours di Elio e le Storie Tese. "Can't you hear the typical cling cling cling cling cling?".
Alessio Vacchi

Speciale. Buon Natale, buon anno. CINENATALI PERDUTI



Sembra banale dirlo, forse preoccupante perché nel momento in cui si comincia a fare discorsi tipo “si stava meglio quando si stava peggio”, significa che è arrivato il tempo del rincoglionimento. Però vorrei iniziare da una specie di paradosso. Un tempo, quando ero piccino (quindi fine anni ’70), la mia famiglia durante il periodo natalizio centellinava i denari per farci scappare tutto. In quel “tutto” era previsto anche il pomeriggio al cinema delle feste. Ecco, per me il termine festività natalizia possedeva un’apertura semantica tale da abbracciare anche la presenza familiare all’interno di una sala cinematografica. Il paradosso consiste in questo: ora che non solo il cinema posso permettermelo a prescindere dalla mia famiglia, ma nella maggior parte dei casi, grazie al mio lavoro strettamente connesso al cinema, nemmeno pago l’ingresso, non credo che andrò a vedere nulla per questo Natale. Come da qualche anno a questa parte. Facile intuire che le parole “cinema” e “Natale” abbiano intrapreso sentieri piuttosto divaricati, difficilmente riconciliabili. Non intendo impiantare paragoni sensati tra un passato trasfigurato dalla memoria e un presente di desertificazione nella proposta cinematografica, però ricordo che trent’anni fa - oltre a non esserci tutte queste squallide architetture inquietantemente parallelepipede dei multiplex-, quando si stava discretamente al sicuro da cinepanettoni e Disney-invasion, c’erano cose semplicine e divertenti tipo i film con Celentano e Bud Spencer e Terence Hill, due ore di genuina, sincera, scanzonata allegria. Film che in sostanza non avevano la becera e grassa comicità del vulgus, e non ridondavano di meraviglie in computer grafica. È chiaro, l’atmosfera che trovavo in queste sale collocate in centro città era quella di un antro magicamente accogliente, anche se ad esempio il cinema Astra di Pesaro risentiva di un vecchiume anni ’50 perché i lustri intercorsi dalle ultime ristrutturazioni cominciavano a pesare. Ora questi orrendi templi del consumo cinematografico (sì, perché ormai il fascino della visione di un film che inizia dopo minimo 10 minuti di spot pubblicitari, non riesco a non considerarlo un “consumo”) non so proprio che effetto avrebbero fatto al mio sguardo di bambino... probabilmente i bimbi di oggi sono talmente abituati al brutto che...
Ecco, forse non è neanche questione di proposta cinematografica in sé, ma proprio di percezione dell’esperienza di fruizione o, per non usare paroloni, sensazioni che un luogo riesce a darti prima, durante e dopo lo spettacolo. Io proustianamente ricordo ancora l’odore acre e un po’ stantio di quelle poltroncine delle sale e i profumi deodoranti delle cassiere che ti porgevano il biglietto con un sorriso. Adesso quando vado al cinema non sento praticamente più alcun odore, non in sala e ancor meno olezzi provenienti da ragazze addette allo sbigliettamento segregate dietro lo spessore vitreo dei loro cabinotti. Insomma, per me bambino tutto aveva una sua particolare valenza, perché bisognava attendere il Natale prossimo per rivivere quelle sensazioni... e le parole ansiose di babbo e mamma pronunciate lungo le vie del centro, che si perdevano in un alito di freddo dopo aver risuonato accordandosi con una felicità di luminarie, che chiedevano a me e ai miei fratelli: “allora ragazzi, vi è piaciuto il film?”. Forse proprio tutta questione di atmosfere, e di ricordi... di cose insomma irripetibili. Fatto sta che adesso il film a Natale, babbo, mamma, non mi piace più.
Mauro F. Giorgio (Riflessi di paura)

Speciale. Buon Natale, buon anno. IL BAMBINO CHE ASPETTA DAVANTI LA TV



Se facciamo qualche passo indietro con la memoria, cercando di trovare una relazione tra la passione per il cinema e il periodo natalizio, viene in mente lo sciopero forzato dalle sale a causa delle masse di Tartari che si riversano una volta l’anno nei multisala, attratti da un palinsesto qualitativamente deserto. Quest’ultimo termine però fa squillare un campanello (di quelli al collo delle renne, naturalmente) e ci spinge a fare un bel po’ di passi a ritroso per vedere associato al Natale l’immagine di un Canyon rovente, assolato e (appunto) deserto in cui un uccello migratore si addentra per cadere istantaneamente sul terreno sotto forma di pollo arrosto.
Cosa ha a che fare questa immagine con un periodo gelido e rarefatto in cui si sta sprofondati nella poltrona, intabarrati in innumerevoli strati di indumenti dei quali il più profondo è quel pigiama che non ci si era arrischiati a togliere, pietrificati davanti al focolare più caldo della propria abitazione? La televisione! Ecco riaffiorare il ricordo di tutta quella serie di lungometraggi animati che durante l’infanzia (ma forse anche adesso, chi lo sa?) le reti nazionali riproponevano puntuali come la morte e le tasse. Il film di Creamy, il film dei Puffi, Le dodici fatiche di Asterix, il Muppet Show erano pronti lì nella loro bella custodia con su la polvere di un anno, nelle mani dei pochi dipendenti dell’etere che a differenza dei loro colleghi scioperati lavoravano svogliatamente anche durante le feste, pronti a mandarli in onda per fare contenti i bambini che tutta Italia parcheggiava davanti al piccolo schermo mentre si dilapidava la tredicesima, desiderosi di vedere uno spettacolo che ormai era stato consumato fino all’Ave Maria. Quello che chi scrive aspettava con trepidazione, succhiando le teste dei Masters of the Universe per l’eccitazione, era La ballata dei fratelli Dalton, avventura western a cartoni sul personaggi di Lucky Luke del geniale Goscinny, un capolavoro di ironia che aveva il primato di introdurre in maniera sagace al rutilante mondo del western. Peccato non poterne parlare più a lungo visto che lo spazio a disposizione è ormai definitivamente finito. Sarà per un altro Natale.
Gianluigi Perrone (Nocturno Cinema)

Speciale. Buon Natale, buon anno. TOKUNATALE NEL BUNKER DELLA PALONEROFILM



Non si tratta di snobismo ma ci sono cose “normali per un bambino” che non ho mai amato nemmeno da bambino; i fumetti di Topolino, la maggioranza dei film animati di Walt Disney e i film natalizi. Dopo un paio di decine di visioni di Mary Poppins il mio cervello ha imposto uno stop. Probabilmente a tutto c’è una spiegazione; d’altronde -a memoria- i primi film che ricordo di avere visto in sala sono The Day After (!!!) e il Fantasia di Disney, appunto (gradito, soprattutto La notte sul Monte Calvo per via dell’estetica funebre), mentre sbirciavo dal di dentro della mamma l’Esorcista che (lei) si godeva mentre era in attesa del sottoscritto. Per questo pochi sono i ricordi legati a film natalizi o concernenti il Natale. Maggiori aneddoti, anche interessanti, troverebbero posto in un contesto relativo alla Pasqua. Ma questa è un’alta storia.
L’ultimo natale cinematograficamente rilevante quindi è stato quello appena passato (2007). Ero malato, influenza a 40 gradi fissa. Durata fino al capodanno abbondante. Ho così passato un bel periodo, caldo, nel letto, febbricitante. Mentre il popolo festeggiava e si ingozzava io bevevo tè e aspirina (e grappa a dirla tutta, ma questa non andrebbe divulgata). La concentrazione bassa, troppo bassa per un film intero. Quindi? Una serie TV. Cosa? Madan Senki Ryukendo, ottimo esponente del tokusatsu moderno non maturo. Da una parte parenti mangianti, nel mio universo personale (super)eroi in armatura fasciati di luci colorate combattevano contro mostri più o meno giganti in tutte di gomma. Da un lato si gonfiavano stomaci e fegati di cibi e spumanti, nel mio bunker si ingigantivano i poteri, le armature, i veicoli, raggiungendo capacità sempre più stupefacenti per i miei occhi stanchi e indolenziti. L’ultima puntata a capodanno; quando il mondo stappava lo champagne nel mio mondo i tre Madan Warriors sconfiggevano finalmente l’appena risvegliato super demone DaiMaOh Grenghost, che desiderava come al solito la conquista funesta e il dominio dell’universo. Anche del mio.
Michele Senesi (Asian Feast)

Speciale. Buon Natale, buon anno. IL GUFO



Si era sotto Natale. Fidanzati da due mesi o poco più. Il cinema già le piaciucchiava ed ero riuscito a capire quali film potevano esserle graditi e quali no, per cui riuscivo a far combaciare la scelta fra i film che mi interessavano con quelli che le potevano andare. Eravamo a casa mia e nevicava. Voglia di andare al cinema tanta, di spostarsi fuori paese neanche un po’. Al cinema “vero” davano un film che avevamo visto in città la settimana prima. Unica possibilità, allora, il cinema parrocchiale. Non ridete ancora, perché al cinema parrocchiale del mio paese non davano Tarzan ed altre innocue vicende: ci ho visto Hitchcock, Woody Allen, René Clément... Quel giorno prenatalizio davano, per scelta di genere quasi obbligata, La spada nella roccia. Grande dubbio: “Glielo propongo? Io l’ho già visto e (confesso) lo rivedrei volentieri...”
Chi vive l’inizio di un amore sa come vanno queste cose. Lei vede Lui (Dio solo sa per quali cause) come una sorta di Principe Azzurro, forte, protettore e virile. Insomma proporre Artù e Semola non mi pareva il massimo. Chiese lei cosa ci fosse “dai preti”. Arricciò il naso, ma diede luce verde sbuffando un “Meglio che niente”.
Sala con ampia percentuale di quarantenni. Semola, patrigno e Gaio: poche reazioni. Arriva il momento della foresta e Semola piomba da Artù. Io vedo il gufo Anacleto e mi viene già da ridere, però mi trattengo. Ma il gufo è irresistibile. Adulti solitamente composti si sganasciano. Un severo e noto dirigente d’azienda che è dietro di noi ride a crepapelle. Pure lei comincia e non la smette. Anch’io, finalmente, posso dare sfogo alla mia “anacleticità”.
Ci siamo sposati poco più di un anno dopo.
Maurizio Froldi (il Buono Legnani di Nocturno)

La youtubata. HOORAY FOR SANTA CLAUS


Sfido chiunque ad ascoltare questo diabolico motivetto che apre il film Santa Claus Conquers the Martians e a non ritenerlo in mente dopo. Il film, visibile gratuitamente in rete, è poverissimo ma se non si è schizzinosi fa simpatia. Ai titoli di testa seguono alcune immagini del film, in cui si vedono dei giovanissimi marziani: spero che stuzzichi qualche intenditore.
Alessio Vacchi

Memorabilia. NATALE 1981



4 flani in una volta, visto che è festa. Non per nostalgia fine a sè stessa, ma perchè posson costituire un rapido viaggio nel tempo, ecco alcune delle uscite di Natale e dintorni dell'anno di grazia 1981 (non tutte: manca ad esempio il Celentano sbancabotteghino de Innamorato pazzo), da un quotidiano di pochi giorni prima. I cinepanettoni dovevano ancora venire, ma a parte -volendo...- la commedia con Sordi, gli altri titoli non sono propriamente natalizi nè per famigliole: un poliziesco con Newman, una commedia irriverente il cui titolo sta per "figlio di puttana" (e il flano era incomprensibile se non si conosceva l'inglese) e un classico di John Carpenter col quale, visti contesto e conclusione, augurarsi buon anno nuovo doveva essere un pò paradossale.
Alessio Vacchi

domenica 14 dicembre 2008

Comunicazioni di servizio. NATALE SI AVVICINA

Il prossimo aggiornamento sarà speciale, a carattere natalizio. Data l'enorme mole di lavoro e sudore che richiede, sarà pubblicato non domenica 21 ma alcuni giorni dopo, proprio in prossimità del Natale. Attendete fiduciosi.
Alessio Vacchi

Focus on. Chuck Norris: TERRORE IN CITTA'


Tit. or.: Silent Rage. Usa 1982. Di Michael Miller. Su dvd Sony (regione 1).
Warning
: il seguente pezzo contiene anticipazioni sulla trama e sul finale che possono compromettere la visione a chi non conosce il film ed intende vederlo.

Questa volta Chuck ha trovato un nemico che è davvero pane per i suoi denti. In questo film che devia un pò (ma come vedremo, non troppo) dal suo solito e va verso il thriller-horror-slasher, la minaccia che lo sceriffo Stevens, che quando fa la sua apparizione col cappello in testa sembra un pò Walker, deve sventare è costituita da un pazzo omicida. John Kirby, che sembra un Nick Cave più sballato, è un uomo disturbato ed in cura che dà di matto e fa una mezza strage. Difficoltosamente arrestato e ferito a morte, finisce sotto le grinfie di un medico-novello Frankenstein, che in barba al dottore che lo aveva in cura (Ron Silver), vuole sperimentare su di lui una sostanza che lo fa rinascere assai forzuto e in grado di rimanginare in un amen le sue ferite. Così il redivivo torna in circolazione e diventa una macchina di morte. Inutile dire chi dovrà fermarlo, anche perchè la minaccia tangerà persone a lui care.
Il film inizia benino: prima c'è un lungo piano sequenza sull'esplodere della follia assassina, col pazzo che si muove nella sua casa, viene a contatto con altre persone... Non è male, perchè ha suspance, anche la sequenza successiva, con Chuck che entra nella casa e cerca di sgamare l'assassino. Questi minuti sono privi di musica, mentre curiosamente altrove (ad esempio, quando il pazzo si introduce in casa di Ron Silver) ci si può sorbire un commento sonoro che pare un lungo fischio, per strasottolineare che siamo in un momento "da paura". Però Terrore in città ci mette poco a sgonfiarsi. Mentre si aspetta che John Kirby torni in forze, grazie all'opera del mellifluo dottore, il film si sofferma sulle interazioni del personaggio di Norris con altri. Abbiamo il collega ciccione, che con la sua simpatia ed ingenuità alleggerisce i toni; una gang di motociclisti delinquentelli, con ragazza attraente al seguito, che vengono fatti sgombrare dal solo sceriffo in una sequenza che è un pò una versione aggiornata delle risse in saloon stile western; e poi la consueta figura femminile, la sorella del dottore "buono" che esordisce dando un ceffone a Norris, ma pochi istanti dopo i due sono già a letto (perchè erano già stati insieme). Il film si sofferma più del solito sulla coppia, ma quando arriva un intermezzo idilliaco, si ha proprio l'impressione che la sceneggiatura stia cazzeggiando. Comunque sia, siamo in un film con Chuck Norris, quindi nonostante il nemico stavolta sia qualcosa di "altro", quel che non possono cadute da grandi altezze e fuoco, forse può la sua capacità fisica e i suoi calci. E la resa dei conti tra il bene e il male fuori controllo avviene tradizionalmente, con un "match" in uno spazio aperto (con la figura femminile che un pò sta a guardare, un pò aiuta). Ma occhio al finalissimo, perchè sembra mettere in crisi la concezione stessa di una pellicola con Chuck Norris.
Alla fin fine, per quanto un pò rozzo (ma non particolarmente truce), Terrore in città è guardabile, perchè la suspance è sufficiente e perchè è oggetto particolare nella filmografia dell'attore, permeabile all'aria cinematografica del tempo (lo slasher; e non manca qualche soggettiva dell'assassino). Grandiosa la frase di lancio, in cui si spera ci fosse ironia volontaria: "Science created him. Now Chuck Norris must destroy him".
Alessio Vacchi

The freak show. HOBGOBLINS


Usa 1988. Su dvd Retromedia (regione 1).

Spezziamo una lancia in favore di Critters (Gli extraroditori, come diceva il simpaticissimo sottotitolo italiano) di Stephen Herek, da troppi additato come un semplice clone del Gremlins di Joe Dante. Sorvolando sui tempi della genesi del primo (anteriore al film prodotto da Spielberg), la pellicola sulle voraci palle di pelo spaziali ha dalla sua una realizzazione efficace, vuoi per gli effetti dei fatelli Chiodo, vuoi per la mano salda della regia, che lo rendono qualcosa di più di un semplice clone.
Dico questo perché Hobgoblins è l’altra faccia della medaglia, una malriuscita fotocopia dei due film succitati, sfornata alla fine degli anni ’80, durante la brevissima moda dei mostri in miniatura (a tal proposito, vale la pena citare Ghoulies di Luca Bercovici e Munchies di Tina Hirsch). I mostriciattoli del titolo sono dei piccoli alieni pelosi (un incrocio tra Gizmo e la sua progenie malefica, per intenderci) capaci di rendere reali le fantasie delle persone. Peccato che i loro intenti siano tutto meno che pacifici. A cercare di fermarli c’è il classico giovanotto sfigatello, reo di averli liberati dal sotterraneo di uno studio cinematografico in cui i maligni esserini erano stati rinchiusi decenni addietro. Aldilà del cast di incapaci sconosciuti e delle classiche trovate imbecilli patognomoniche del periodo (il duello tra due dei protagonisti in giardino và visto per crederci), ciò che lascia veramente basiti è la realizzazione ultra-economica del film, dalle scarne locations fino agli stessi villains formato mignon. Realizzati da Kenneth J. Hall (tecnico della scuderia Full Moon, nonché ogni tanto pure sceneggiatore & regista), gli hobgoblins non sarebbero nemmeno così tremendi, non fosse che per la maggior parte del tempo, causa totale assenza di animazione, sembrino esattamente quello che sono: pupazzi. La fotografia di bassa lega e la regia a 180 gradi (piatta, insomma) del regista Rick Sloane (sciaguratamente anche autore del copione) fanno il resto.
Similmente al Manos: The Hands of Fate di Harold P. Warren, il film è divenuto famoso grazie al passaggio televisivo (con dissacrante commento audio) nella trasmissione Mystery Science Theatre 3000: a sentire i responsabili dello show, questo è forse il peggior film che abbiano mai trasmesso. A portare il film in Italia ci pensò l’Avo Film con un’edizione VHS ormai persa nelle pieghe del tempo. In virtù dello status di cult-trash della sua creatura, lo stesso Sloane ha girato nel 2007 un sequel (fantasiosamente intitolato Hobgoblins 2), espressamente realizzato per essere uguale al prototipo ed al momento ancora inedito. Peccato.
Emiliano Ranzani

Memorabilia. IL TEMPO DELLE MELE e SPOSERO' SIMON LE BON


Ispirato dal dossier della rivista Nocturno di novembre, un aggiornamento a base di cinema giovane. Il flano del Tempo delle mele propaganda il film con un aggettivo che in quegli anni era di tendenza: è proprio del 1981 la commedia vanziniana I fichissimi e Porky's, poco tempo dopo, viene pubblicizzato come "il film + fico, anzi strafico dell'anno". Con Sposerò Simon Le Bon siamo cinque anni più tardi. Il flano punta dritto al pubblico dei teenagers, invitati a rispecchiarsi in questo filmetto. Ma il tempo è passato e se i Duran Duran si sono rimessi a nuovo, sfido un sedicenne d'oggi a conoscere la pellicola in questione.
Alessio Vacchi

domenica 7 dicembre 2008

The freak show. IL SOFFIO DEL DIAVOLO


Usa 1990. Su dvd Pegasus (regione 1).

È possibile fare un film dell’orrore scadente (per gli standard dell’appassionato) nonostante nel calderone si gettino zombi, stregonerie, spettri e demoni? L’esistenza di un film come Demon Wind dell’allora esordiente Charles Phillip Moore è una risposta più che affermativa. Questa poco conosciuta pellicola narra del giovane Corey che, istigato da strani incubi, si reca con la sua congrega di amici nella vecchia fattoria di famiglia per cercare di scoprire cosa accadde ai suoi antenati decenni prima, scatenando così una forza demoniaca da tempo sopita. Fortemente debitore de La casa e, soprattutto, La notte dei demoni, Il soffio del diavolo non ha il brio visivo del primo né il fascino scanzonato del secondo; la sceneggiatura, scritta dallo stesso Moore, è un mal strutturato pasticcio di satanismo (o suppergiù), battute deboli e scene già viste altrove in miglior veste. I personaggi sono un’accozzaglia di stereotipi del genere più un paio di bizzarri individui (tipo uno sbarbatello mago-karateka che palleggia una lattina prendendola a calci) che non conferiscono alla storia alcuna originalità, quantomeno in senso positivo. Alla regia il nostro non se la cava meglio, dirigendo in larga parte con stile piatto e poca ispirazione, mentre il ritmo stopposo rende arrivare in fondo al film una sfida non indifferente per chi guarda.
Il cast è composto da un cast di sconosciuti senza grandi doti. Il protagonista (tal Eric Larson) è figlio di Glen A. Larson, creatore di serie tv come Battlestar Galactica, Knight Rider e Magnum P.I. mentre una delle protagoniste femminili, Sherry Leigh (ora attiva come stunt-woman), era apparsa tre anni prima in Slaughterhouse di Rick Roessler. Anche sul lato più propriamente horror, il film è un’insalata di mediocrità, senza spaventi o forti iniezioni di violenza. Lasciano confusi alcune idee come i misteriosi e spettrali ragazzini che appaiono in testa alla vicenda per poi sparire completamente, rimpiazzati da un esercito di demoniaci revenants a metà strada tra i cadaveri ambulati di Romero e gli invasati di Tenney. I gommosi effetti di trucco, elargiti invero in larga dose, sanno di approssimativo, nonostante la presenza nei titoli di coda di professionisti come Lance Anderson (L’alba dei morti viventi, La cosa) o Dan Frye (Resident Evil, Ghostbusters 2) che probabilmente questa volta non avevano abbastanza soldi a disposizione. Da ribaltarsi dalle risate gli effetti ottici e relativi suoni, se non ci si è già appisolati quando entrano in scena: i meno tenaci cacciatori di squallore si possono accontentare della boccia con paesaggio innevato (tipico souvenir svizzero) che, sfracellandosi al suolo, fa esplodere una fattoria nel prologo, il che è tutto dire.
Emiliano Ranzani

The freak show. SKINNED ALIVE


Usa 1990. Su dvd Tempe (regione 1).

Dopo l’esordio con The Dead Next Door, J.R. Bookwalter, cineasta di Akron, Ohio, decide di mettere in piedi la sua piccola casa di produzione e distribuzione, ispirato dalla brezza di libertà che nei tardi anni ’80 ancora si respirava nel mercato home-video. Così, la neonata Tempe Entertainment, oltre a rappresentare i film diretti in primis dal suo fondatore, sforna periodicamente opere dirette da terzi, tra cui questo Skinned Alive.
L’economico prodotto in 16mm (uno degli ultimi dell’etichetta ad essere girati in pellicola) narra le gesta di una famiglia di tre psicopatici, vale a dire una mamma guercia e paralitica che si fa chiamare CrawlDaddy e i di lei figli (fratello e sorella con un rapporto vagamente incestuoso), che, muovendosi in furgone, uccidono chi capita loro a tiro per poi venderne la pelle lavorata. A causa di un guasto al loro mezzo, il trio di maniaci diviene ospite del meccanico locale, un bietolone talmente idiota che non si accorge nemmeno chi si è messo in casa nonostante la scia di morti che segue. Ma ci penserà il vicino di casa, un poliziotto dal matrimonio in crisi, a fare giustizia.
A dispetto delle simpatiche premesse, l’opera prima (ed ultima) di Jon Killough è lungi dall’essere godibile anche per i più accaniti appassionati. Tralasciando la scadente realizzazione tecnica, talmente scialba da non poter essere salvata dal montaggio del tecnicamente competente Bookwalter (che nel film appare nei panni di uno sventurato testimone di Jehovah), il film è un boccone difficile da mandar giù per via dei suoi molteplici difetti, tra cui il ritmo inesistente, gli attori inetti, le battute patetiche e gli irritanti tentativi di humour nero. L’eccessiva economia dell’operazione (anche per una storia così semplice) spalma poi sul tutto uno spesso strato di squallore. L’unica vera attrattiva per gli horrorofili è la presenza nei panni di Phink (uno dei tre assassini) di Scott Spiegel: inizialmente collaboratore del primo Sam Raimi, poi divenuto regista dello slasher The Intruder (nonché del secondo Dal tramonto all’alba) e recentemente produttore dei due Hostel di Eli Roth. Ma è poca cosa.
Emiliano Ranzani

Memorabilia. IL ROMPIBALLE


Che dire? Impagabile. Nel dicembre 1973 viene così gettato l'amo per l'imminente uscita de Il rompiballe, commedia francese poi rifatta (non benissimo invero) da Billy Wilder. Che poi quel che viene detto non è neppure vero (il primo rompiballe che salta alla mente di chi scrive è il petulantissimo Alberto Sordi de Mamma mia che impressione!), però fa effetto.
Alessio Vacchi